CRONACHE DELL’INESISTENTE
Due significative prospettive, alquanto convergenti,
vengono esposte nella rubrica “lettere a C. Augias (su La Repubblica del 27/10/13, p.22). Secondo Michele Serra
(ne “L’Amaca”) avere la maggioranza
dei consensi non significa – sempre – aver ragione. E quindi non tutte le
maggioranze sono, per così dire, una malattia (Mutis/De Andrè) e non tutte le
minoranze sono virtuose. Mentre, secondo il Lettore Giorgio De Donno, l’elettorato in
generale più che interessarsi ad una scelta indirizzata al bene comune ed
all’etica pubblica, opta per quelle che – secondo il lettore – sono “una scalcagnata banda di cialtroni”
nell’illusione di fare il proprio personale interesse (economico). (C.Augias
spinge a fondo l’analisi, osservando che per ben due volte in meno di un secolo,
nel nostro Paese il potere è stato assunto da coloro che risultavano tutt’altro
che indirizzati alla esemplarità etica.
Tratterebbesi pertanto di una specie di tara genetica dalla quale risulterebbe, nella generalità,afflitta
l’intera collettività. Ma se fosse così non vi sarebbe speranza neanche per il
futuro. Perché ciò che è genetico non si
cura). Presumibilmente sia C. Augias,
sia M.Serra, sia G.De Donno
pensano alla stessa cosa, senza trarne le conseguenti implicazioni. Che cioè
dalla eventuale positiva futura responsabilizzazione dell’elettorato (nel senso
sopra indicato da M.Serra e G.De Donno) dovrebbe conseguire altresì che coloro
che vengano elettoralmente prescelti rischino, a volte, l’impopolarità e sappiano (e vogliano) dire di no a scelte, sia pur acclamate a furor di popolo,
improduttive e lesive sia sul piano dell’etica pubblica che del bene comune. Il
che non sempre accade. (Ma forse vado alla ricerca di ciò che non si trova,
poiché – presumibilmente – non si può trovare). Poesia di Carnevale: “Piccolo bimbo, non guardare il cielo,
guarda la terra”.
Bluewind