Sembra che non si
riesca ad individuare il come ed il perché del recente schianto dell’airbus
franco tedesco. E senza voler al riguardo (troppo) indagare, sembra quasi
incredibile che in un’epoca di accentuato tecnicismo come la nostra, (mentre si
pubblicizza la possibilità di effettuare le analisi mediche via web), non si
sia ancora trovato il modo di collegare, informaticamente, gli aerei in volo
con la base di partenza, che consenta di appurare, anticipatamente, le
eventuali anomalie occorse.
Che sia arte – quella della
Lempicka– è affermazione che potrebbe non trovare
tutti concordi. Senonchè trattasi di un’artista che indubbiamente fa sfoggio di
gran classe. E se non fosse veramente arte, la sua, potrebbe essere, almeno,
una prefigurazione dei tempi moderni
(si fa per dire,) cioè i nostri. Ovviamente tratterebbesi di
un’arte poco o per nulla comprensibile poiché kriptata. E con il sospetto di non essere molto seria. Come tutto
ciò che tale vuole apparire. Come se, con il lodevole intento di semplificare
un’iter particolare vi si rimediasse aggiungendovi, con la giustificazione di
essere moderni o tali voler apparire, delle complicazioni informatiche a
quelle, burocratiche (già in buon numero esistenti). Rendendo in tal modo la
situazione pressochè invivibile. Spingendo forse qualcuno, tra i pochi spiriti liberi ancora esistenti, ad
incautamente affermare che in tal caso, la colpa potrebbe farsi ricadere sui
santi. Che non fanno miracoli.
Sprofondò come in un
letto di piume. Soffice. Caldo. Protettivo. Mentre fuori fischiava la tormenta.
Strapazzando i rami degli alberi ai margini del bosco. La sera precedente si era rivisto, con una
certa emozione, qualcuna delle cassette registrate dello sceneggiato
televisivo. Ed il padre sembrava stargli accanto. Nonostante che, da qualche tempo,
non fosse più tra i viventi. Ma la sua presenza gli appariva come un fatto
positivo. Trattandosi di una presenza ancora vivente, anche se irreale. In
dimensioni del genere il suo modo di esistere gli suggeriva di accettare tale
realtà. Anche se solo fugace, illusoria ed irreale. Lo sceneggiato gli dava
ancora una certa emozione, anche perché parametrava ciò che realmente gli era
accaduto in vita. Nella quale era stato combattuto e quasi continuamente
avvolto da due grandi affetti. Da lui non adeguatamente ricambiati. Così almeno
credeva. Poiché sembrava essere nell’attesa di qualcosa di più intenso. Come se
la sua esistenza, mentre il tempo inesorabilmente e velocemente passava, fosse
da considerarsi eterna. Quasi senza confini. Ma a questo punto si svegliò.
Abbandonando i rimpianti. E rimanendo ancora, per qualche tempo, nel suo letto
di piume. Al caldo. Fino a chè l’ulutato, all’esterno, dei suoi cani, lo
richiamò alla concretezza del reale. Quello vero. Non l’altro. Quello del
sogno.