LUCIDA FOLLIA
Fulva
si era svegliata piuttosto tardi. Adesso doveva riflettere. Cosa era avvenuto
il giorno precedente? Quando, durante la passeggiata nel bosco, immersa nel
silenzio più assoluto, le era sembrato di sentire quasi un fremito di vitalità
che le veniva comunicato dagli alberi stessi. Le era sembrato di essere entrata
in sintonia con tale fremito, ne era sicura, e che tentasse di rivelarle
qualcosa, come se gli alberi si
sentissero imprigionati dai loro tronchi, dai loro rami, dalle loro forme
esteriori non condivise, e volessero liberarsene per assumere una vitalità meno
statica di quella esistente. Probabilmente era solo una fantasia assurda la sua, da non rivelare a
nessuno. Ma questa sensazione lei l’aveva effettivamente provata. Cosa era?
Forse un segnale ? Forse un messaggio ? A volte Fulva, che per sua natura possedeva il dono di una
notevole sensitività, era abituata a ricevere frequentemente questi messaggi; e
spesso riusciva ad interpretarli. Nel modo giusto.. Decise che anche questa
volta doveva fare la stessa cosa. Di che si trattava ? Era sicuramente una
parafrasi. Era la stessa parafrasi dell’esistenza. Di noi tutti. Era un
apologo. Gli alberi, frementi di vita, di una vitalità vibrante nell’aria siamo
noi stessi, pensò Fulva. Anche noi, come gli alberi, imprigionati dalle nostre
esteriorità, dalle nostre forme (che a volte neanche ci sono gradite e comunque,
anche se ora non è così, tempo verrà che non lo saranno più), schiavizzati dai
condizionamenti di vita e di pensiero che noi stessi ci siamo imposti, con la
nostra “razionalità” che
frequentemente facciamo passare di moda. Passato, presente, futuro, bello,
brutto, buono cattivo Non sono questi alcuni dei condizionamenti che ci siamo
imposti e ci tengono prigionieri di noi stessi? Condizionamenti destinati a modificarsi nel
tempo, cambiare, dissiparsi e poi di nuovo cambiare per poi scomparire…del
tutto ? Cosa è il passato se non quello che una volta era il presente e cosa
sarà il presente di oggi se non il passato di domani ? Cosa è il bello se a
volte è il brutto che piace e cosa è il buono se a volte cambiano le regole non
scritte ed il buono non è più tale? Non riusciremo mai a liberarcene, di tali
condizionamenti, perché siamo noi stessi a non volerlo. Ci imprigioniamo da noi
stessi. Siamo noi stessi i nostri carcerieri. Chissà, pensò Fulva, forse
non ragiono. Si avvicinò al tavolo, che era stato del padre. Aprì un
cassetto. V’era un unico libro. “Tutte
le poesie di S. Quasimodo; ediz. Oscar Mondadori”. Lo aprì a caso. A
pag.233 v’era la poesia “Alla nuova
luna”; lesse: “In principio Dio creò il cielo/e la terra, poi nel suo
giorno/ esatto mise i luminari in cielo/e al settimo giorno si riposò./Dopo
miliardi d’anni l’uomo,/fatto a sua immagine e somiglianza/senza mai riposare,
con la sua/intelligenza laica,/quasi fosse in gara con l'iniziale Creatore, senza timore, nel cielo sereno/d’una notte
d’ottobre/ mise altri luminari uguali/a quelli che giravano/dalla creazione del
mondo. Amen “ La lettura le fu molto di aiuto. “Ma allora” pensò “ anche
Lui dice le stesse cose” “Anche Lui parla dei condizionamenti dell’uomo (i luminari), fatti dall’uomo (come fosse in gara con l'iniziale Creatore) per
autoschiavizzarsi e per rimanervi imprigionato…probabilmente per sempre”.
Ma la trafisse un solo dubbio. Che
E.Poe, nel suo racconto “la lettera
rubata” fa dire ad uno dei principali protagonisti del racconto (il
prefetto di Parigi) che, a suo avviso, i poeti non sono mai credibili perché sono tutti pazzi (e si comprende che si
tratta del convincimento dello stesso E.Poe). Ed allora…pensò Fulva “anche Quasimodo ed…anche io……non
ragioniamo…. (ambedue)” Ma poi si autoassolse pensando che forse, forse… la stessa vita (ed il
modo per sopravviverci) è a volte ugualmente anch’essa una meravigliosa, lucida
ed incredibile follia. ( Ma:” QUIEN
SABE ? ”)
Bluewind
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